Qual è la differenza tra pensare il popolo come fonte della sovranità ( la sovranità popolare) e pensarlo semplicemente come la fonte di autorità? Si tratta di due concetti molto diversi.
La sovranità è un’idea arcaica, di carattere religioso che sta svolgendo ancora oggi un’opera mistificatoria di cui non abbiamo sufficiente coscienza. Essa viene associata al termine ”democrazia” col quale costituisce la base della narrazione prevalente in occidente (ma anche in oriente) narrazione che il mondo giornalistico e in parte quello accademico, ci propone continuamente: “se il popolo vota ha sempre ragione e costituisce un baluardo contro le dittature, le autocrazie” .
Naturalmente questo non è vero.
Non c’è bisogno di immaginare una tecnica dei brogli elettorali, basta pensare che la politica è l’unica pratica (o scienza come la definirono Platone e Aristotele) senza didattica cioè senza insegnamento. Quindi le immense masse umane del XX e XXI secolo vengono condizionate, cioè formate e informate, da agenzie e dai media che ultimamente sono stati acquistati e controllati da dittatori, gruppi di potere privati, multinazionali ecc.
Possiamo allora capire l’inquietudine del grande politologo francese Maurice Duverger quando paragonava la bomba atomica alle tecniche di manipolazione delle masse e lo faceva ben prima che nascessero i social odierni. La sua lezione non è di moda semplicemente perché si ha poca fantasia per immaginare un sistema diverso da quello attuale.
Naturalmente non si tratta di abolire le elezioni ma di prendere atto del sistematico controllo in tutto il mondo delle fonti delle notizie e della conseguente manipolazione delle masse. E’ chiaro che devono essere queste masse a legittimare il potere ma non attraverso un’idea di “sovranità” che serve a costruire un mito, la democrazia, di cui non siamo capaci di vedere le dinamiche. Per questo motivo scopriamo che i termini sovranità popolare, democrazia e la stessa pratica elettorale normata da leggi elettorali vetuste e limitate (la Corte Costituzionale italiana si è pronunciata contro due di queste leggi elettorali) configurano un sistema non sostenibile nel periodo medio-lungo. In altre parole siamo in piena patologia sistemica e si tratta di una patologia misconosciuta: purtroppo il problema non è solo italiano, è mondiale.
Poniamoci allora le seguenti domande: è irrilevante il grado di coscienza civile di una popolazione che deve legittimare il potere con il voto? L’elezione di Trump o la crescita continua dei partiti di destra in Europa e nel mondo può essere paragonata alle elezioni degli anni Venti e Trenta del secolo scorso quando il disagio collettivo favoriva soluzioni semplicistiche e autoritarie? Un mondo globale di cui non si colgono i caratteri può spaventare le masse che si rifugiano in quei processi che i sociologi chiamano “glocalizzanti” e che favoriscono i nazionalismi? Potremmo formulare altre domande dello stesso tenore, tutte scomode e difficili.Noi occidentali riusciamo ad affrontare queste domande inquietanti appoggiandoci a miti rassicuranti come quello della sovranità popolare e della democrazia che costituiscono la narrazione dominante. Pensiamo ai politici italiani quando blandiscono il popolo senza chiedersi quali strumenti culturali ha usato per orientarsi (es. votare) in un mondo complesso e globale.
Questo significa che non riusciamo a fare una adeguata analisi a livello sociologico e politico della situazione complessiva.
Cosa proponiamo noi di “Forme e riforme”? Proponiamo uno studio libero della situazione cioè senza alcuna base dogmatica cercando di delineare qualche soluzione ad un sistema di cui cogliamo e studiamo i tratti patologici. Per questo puntiamo sulla “politicità sociale” come alternativa ai miti della sovranità e della democrazia. Ricordiamo che con il neologismo da noi coniato “politicità sociale” intendiamo tutto quell’insieme di norme, consuetudini, leggi, funzioni e cultura che permettono alla cittadinanza di definire le indicazioni per indirizzare il lavoro di coloro che stanno in parlamento a fare le leggi per tutti. E’ quasi superfluo dire che al giorno d’oggi la politicità sociale non esiste poiché è stata fagocitata da una ipertrofica politicità istituzionale.
Non possiamo sviluppare in questo articolo la complessa problematica relativa al concetto di “politicità sociale” e al suo rapporto con la politica. Possiamo però dire che essa tende verso un sistema fisiologico che punta sui diritti e non sulla forza ( il Kratos della democrazia); esprime la necessità del riconoscimento del diverso e quindi della mediazione e dell’equilibrio, esprime la pace come valore politico e non etico e punta sui rapporti di potere e non su un problematico concetto di “Bene”. Si tratta di costruire un sistema politico fisiologico da proporre soprattutto alle nuove generazioni perché per chiara evidenza quello attuale non funziona.
Diciamo che è difficile sostituire la parola “Politicità sociale” alla parola “democrazia” entrata ormai nei nostri cervelli come valore assoluto. Per qualcuno si tratta solo di parole mentre in realtà si tratta di situazioni concrete ossia di “Forme” come usiamo dire noi.
Non riusciamo a comprendere come le guerre, specie quelle vicine, sono collegate ai miti che abitano i nostri cervelli dominandoli.
Dobbiamo riconoscere che nella parte ricca del mondo, in occidente non siamo all’altezza di questi valori grazie alla mitologia mistificatoria offerta dal termine democrazia.
Agli occidentali piace raccontare la storia della sovranità popolare spiegando che i dittatori sono “brutti e cattivi” mentre noi, pur avendo qualche difetto, siamo sicuramente a un livello superiore. La narrazione è in parte vera perché il dramma delle popolazioni sotto le dittature è veramente immenso ma la narrazione è assolutoria, più precisamente autoassolutoria.
Grazie alla sovranità popolare e alla democrazia ad essa collegata i dittatori di tutto il mondo si sentono legittimati a compiere qualunque nefandezza perché unti dal popolo mediante il rito elettorale.
I crimini che si stanno commettendo vengono come al solito imputati alla decisioni di singoli politici o gruppi senza considerare le forme sociali che le hanno determinate.
Accettare nel XXI secolo la morte di centinaia di migliaia di giovani russi e ucraini, oppure sminuire i crimini dello stato di Israele coprendoli dietro la misera copertura della difesa o della democrazia, manifesta la parte più decadente dell’occidente con la sua cecità sostanziale che lo rende incapace di adeguarsi ad una delle sue conquiste maggiori che sono i diritti umani. Per Israele vale quello che Piero Gobetti disse del fascismo: “è l’autobiografia della società occidentale, la maschera crudele di quello che possiamo accettare e sopportare, il doppio e triplo standard che deve coprire la parte peggiore di una cultura”.
Concludiamo dicendo che il sistema complessivo che l’umanità ha creato non è sostenibile e dobbiamo studiarlo con maggior cura e attenzione. La soluzione, che non è attualmente alla portata del nostro centro studi, sta nella politica e nella creazione di politicità sociale, suo supporto più importante perché può far emergere valori e pratiche dimenticati.Si tratta di pensare e studiare con libertà quel che accade nel mondo e quel che siamo costretti a sperimentare nella vita di tutti i giorni.
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