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La Politicità Sociale, nuova frontiera della politica
La Politicità Sociale, nuova frontiera della politica

L’espressione “politicità sociale”, che non esiste nel lessico filosofico e politologico, indica il grado di diffusione di coscienza, strumenti e forme politiche presenti nella società civile intesa come sfera distinta dai luoghi statali o sovrastatali ovvero dalle istituzioni che hanno il potere di prendere decisioni per tutti.

Un contributo di Pino Polistena

Baumann
Hanna Arendt
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Erwin Schrodinger

"ll compito non è tanto di vedere ciò che nessun altro ha ancora visto, ma pensare ciò che nessun altro ha ancora pensato riguardo a quello che chiunque vede"

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Genetica delle Istituzioni moderne - 2

(Edizione 02 del precedente scritto "Genetica delle Istituzioni moderne"  - data 8 maggio 2021)

Il percorso storico-culturale che affrontiamo cerca di validare la tesi secondo cui le nostre istituzioni non possono funzionare adeguatamente, non a causa dei comportamenti contingenti delle persone ma a causa delle forme storiche mediante le quali si sono sviluppate.

Partiamo dalla secolarizzazione (Machiavelli, Hobbes) che spostò la legittimità del potere dalla dimensione sacrale-divina a quella popolare. Consideriamo importante questo processo perché elimina la terribile connessione tra potere e sacralità, che creava situazioni che oggi consideriamo barbariche. Arriviamo così alle istituzioni costituzionali moderne seguendo un percorso che dura più di tre secoli; eppure questo percorso non riesce a definire il senso e la funzione delle istituzioni politiche. Senso e funzione non diventano patrimonio della coscienza collettiva, per cui le istituzioni, in ogni dove, si allontanano sempre più dalla società civile. Prima ancora della democrazia è la politica che viene incanalata lungo una via minore.

Dobbiamo scoprire perché è avvenuto tutto questo.
Abbiamo qualche indizio in alcuni processi che si affermavano nei secoli moderni ma prima cerchiamo di capire cosa sono le istituzioni politiche attuali.

Istituzioni come forme
Cos’è un’istituzione politica? Essa è una “forma” cioè una struttura che può essere analizzata prescindendo dalle persone che la devono far funzionare.
Per molti secoli la forma dominante fu quella del re. Si riteneva che Dio “ungesse” degli uomini che erano “re” per volontà divina. I popoli si assoggettarono a questa forma che va distinta dai singoli re.

Storicamente si deve fare notare che la civiltà occidentale si fonda su società, che già in antichità avevano eliminato la forma del re come i Greci e i Romani, eppure essa ritornò nelle epoche successive. È utile ricordare che la forma del re dominò l’Europa per più di un millennio.

Oggi quella forma è stata sostituita dalle forme costituzionali che creano le istituzioni moderne. Le monarchie assolute sono sparite perlomeno in occidente. Le forme che hanno sostituito quelle arcaiche però mostrano, a tutte le latitudini, una lontananza dalla società e un’incapacità che viene rilevata da tutti gli studiosi come un formidabile problema sociale.

Un ministero, come il parlamento come il comune o la regione, sono “forme” cioè strutture strumentali che vengono riempite e fatte funzionare da persone fisiche che si succedono nel tempo.
La loro importanza è notevole perché essere “governano, indirizzano e influenzano, la società corrispondente.

Rileviamo qui due mancanze sia pratiche che teoriche:
a) Non distinguiamo tra istituzione come forma e le persone fisiche che la occupano. Si tratta di due livelli differenti.
b) Non notiamo che la persona fisica che occupa un’istituzione rappresenta tutti e quindi non può, nel medesimo tempo, svolgere altre funzioni come ad es. quella di rappresentare una parte (o un partito).

(Inizio aggiunta di Elena)
Qui potrebbe essere utile rilevare due mancanze sia a livello pratico che teorico:
a) La distinzione tra istituzioni e persone.
Le istituzioni sono qui intese come forme politiche (cioè istituite da leggi e costituite da elementi concretissimi: ad esempio il Parlamento esiste perché la sua esistenza è prevista dalle leggi ed è regolata da regole scritte ed esiste in quanto edificio materiale e concreti “posti” di lavoro, ruoli, incluso il barbiere e soprattutto il bilancio economico che fa funzionare il tutto.)
Le persone sono le persone in carne e ossa, con la loro cultura e la loro morale, incluso il loro senso di “giustizia”. Queste persone, secondo le procedure previste, assumono quei ruoli per un certo periodo, breve o lunghissimo che sia.
È importante distinguere tra le persone fisiche e il loro ruolo, cioè con il loro “posto”, che esiste in termini teorici (legali) e pratici e viene occupato da persone, sia i ruoli di tipo professionale, non elettivi, sia i ruoli politici elettivi. I ruoli sono definiti prima che le persone vengano elette o incaricate di quel ruolo. Esistono anche ruoli vacanti o imprevisti (come ad esempio il ruolo di pedagogista scolastico, che non esiste in Italia, invece in Croazia e altrove sì).
Questa distinzione ci serve anche ad accorgerci quanto le notizie che riceviamo tendono a confondere non solo informazione e commento sull’informazione, ma anche a confondere tra persona e ruolo istituzionale o politico di quella persona.
Un corollario particolarmente importante di questa distinzione riguarda la fatica di discernere tra il giudizio morale sulle persone e il giudizio sui ruoli che le persone occupano. Questo avviene sia riguardo al passato storico sia riguardo all’attualità.
La morale riguarda l’ambito dei comportamenti e delle scelte della persona. I giudizi morali sulle persone sono fin troppo comuni e carichi emotivamente, e tendono a confondere ancora di più le acque. I giudizi sulle persone (ad esempio: “La persona X è forte, oppure onesta, oppure migliore, oppure bugiarda, ipocrita e corrotta”) tendono a essere messi in primo piano, lasciando in uno sfondo del tutto sfuocato la concreta esistenza delle forme e del concreto “posto” o ruolo che la persona stava occupando (per ipotesi del tutto legittimamente).
Qui abbiamo appunto l’obiettivo di mettere a fuoco il livello delle forme, proprio perché se le forme stesse hanno dei difetti, delle patologie, delle contraddizioni, delle deformazioni, come sosteniamo, evidentemente nemmeno la persona Y, per ipotesi il massimo della virtù, saggezza ecc., una volta messa in quel ruolo, potrebbe riuscire perché si scontrerebbe con l’impossibilità di funzionamento che è conseguente alle patologie del livello formale.

b) La distinzione tra “posti” e ruoli di tipo istituzionale e di tipo non istituzionale.
I primi sono legati ai poteri dello stato (legislativo ed esecutivo soprattutto), sono ruoli che hanno funzioni che servono a far funzionare “il tutto” cioè lo stato, ad esempio a legiferare le leggi che valgono per tutti o a governare esercitando il potere esecutivo che riguarda tutti. Ad esempio: deputato, senatore, ministro, presidente del consiglio, presidente di regione, sindaco ecc.
Altra cosa sono i “posti” o ruoli che non sono direttamente dotati dei poteri dello stato, ma hanno una funzione politica, ad esempio servono per “selezionare” le persone da investire dei ruoli istituzionali. Questi ruoli sono ruoli politici importantissimi e decisamente indispensabili, ma non sono la stessa cosa e bisogna comprendere questa distinzione. Ad esempio ruoli come: segretario del partito blu, leader del partito arancio, portavoce o garante del partito tigrato e quant’altro, sono ruoli che servono a dare voce e rielaborazione a cioè che compone “il tutto, cioè lo stato” che sono le sue parti. I partiti non possono che essere molteplici, è la loro molteplicità ciò che consente al conflitto politico di vivere, di creare soluzioni, di mettere a confronto interessi diversi di parti sociali e politiche diverse che hanno punti di vista, percezioni e problemi diversi ecc ecc. Anche all’interno dei partiti è logico che ci sia una conflittualità di punti di vista diversi che però sono accomunati dagli obiettivi politici che caratterizzano quel partito blu o tigrato che sia.
Il problema è che storicamente siamo abituati a vedere una totale sovrapposizione di questi ruoli. Tipicamente in Inghilterra il leader del partito vincitore diventa premier, rimanendo leader del suo partito. (Questa sovrapposizione ha portato anche alla Brexit.)
Il punto è quindi qualcosa che non c’entra niente con la morale ma piuttosto con la geometria. Abbiamo bisogno delle parti e della loro vitalità per poter comporre una cosa che possa essere definita “stato” (cioè: “tutto, insieme di tutte le parti”). Ma se le forme istituzionali prevedono che una singola persona DEBBA sedersi contemporaneamente su due sedie necessariamente diverse, SIA nel posto di chi lavora per la propria parte SIA nel posto di chi legifera o governa tutti, qui parte il corto circuito. Nessuno lo potrebbe fare. Perché è ovviamente impossibile vedere contemporaneamente il da farsi dal punto di vista del ruolo di parte e dal punto di vista del ruolo istituzionale per tutti. Non è una questione di insufficiente virtù. È una questione formale. Poi è ovvio che l’interesse di tutti secondo un politico marxista è diverso da quello di un politico ecologista o liberale. Ma si tratta di lavori diversi elaborare una proposta politica caratterizzata e realizzarla a livello legislativo o esecutivo che sia.
Con buona pace del signor G., del suo teatro su Andreotti che non era una brava persona. Certo, disse che “Ambrosoli era uno che se l’andava cercando”. Terribile. Come dire che le leggi che contano, a cui adeguarsi, sono quelle della mafia, non quelle dello stato.

Riteniamo che l’identificazione della differenza sostanziale tra ruoli politici, per le legittime parti, e ruoli istituzionali, per tutti, sia ciò che “a monte” potrà evitare ulteriori tragedie e disastri, che sono derivati non solo dalla mancata distinzione tra i legittimi ruoli delle istituzioni per tutti e dei partiti per le parti, ma dall’insinuazione in questa palude di poteri legislativi ed esecutivi di tipo criminale, che ovviamente “per tutti” non sono mai.
(Fine aggiunta di Elena)

In pratica occorre fare delle distinzioni che non sono state fatte: una cosa è avere il pluralismo partitico che si svolge al livello elettorale per ottenere l’accesso alle istituzioni; una cosa ben diversa è occupare un’istituzione che è di tutti perchè concepita come strumento pubblico nell’interesse di tutti. Questi due livelli non sono stati mai individuati, distinti e ordinati per cui si ritiene possibile che singole persone fisiche possano occupare nello stesso tempo i due livelli e cioè cumulare un ruolo istituzionale (pubblico) e un ruolo partitico. In realtà il cumulo di questi due ruoli costituisce una patologia misconosciuta, perché chi occupa una forma istituzionale che è strumento di tutti, non può nel contempo avere preoccupazioni (e occupazioni) relative ad una parte politica.

Questo è un primo elemento che favorisce la disfunzione istituzionale che possiamo notare ovunque (in Italia più che altrove).

L’anomalia che si svolge sotto i nostri occhi ed è rivelativa della mancanza del senso delle istituzioni, si vede nel mancato rispetto di questa norma generale, peraltro sancita dall’art. 67 della Costituzione che esprime un valore profondo: ogni rappresentante istituzionale non ha vincoli di mandato perché rappresenta l’intera nazione.
Questo significa che lo scontro partitico deve svolgersi ad un livello diverso rispetto a quello istituzionale: non si può essere nelle istituzioni e nello stesso tempo nel partito.

N.B. Ovunque nel mondo mancano leggi sui partiti che non sono costituzionalizzati da nessuna parte. In Italia i partiti che pure hanno fatto la costituzione non sono regolati, non hanno una disciplina giuridica e sono appena nominati in un unico articolo costituzionale.

La struttura di un’istituzione politica moderna
I due livelli delle istituzioni
Ogni istituzione politica, resa gigantesca dal percorso moderno, è fatta da due livelli:

  1. Il livello burocratico costituito da funzionari professionali che per tutta la vita svolgono quel mestiere. (es. dirigenti e funzionari pubblici ai vari livelli)
  2. Il livello politico che viene “riempito” da persone fisiche elette o nominate per cooptazione che non hanno natura professionale ma politico\elettiva.

Il funzionamento delle istituzioni dipende dal controllo e dal miglioramento da parte del livello politico della dimensione burocratica la quale è la dimensione del potere e dell’abuso sui cittadini.
In tutti gli stati occidentali questo processo è inibito dal fatto che il livello politico, cioè le persone che entrano per mandato elettivo, non aderiscono alla funzione dell’istituzione perché sono concentrati sul consenso e sull’immagine propria o del loro partito e in generale sono interessati alle vicende interne del partito del quale assumono ruoli e cariche. Questa impossibilità pratica anch’essa misconosciuta e tollerata è alla base del patto scellerato che si determina ( patto assolutamente ignoto e ignorato perché tacito) tra dimensione politica e dimensione burocratica che rende tutto il sistema disfunzionale. I politici non fanno il “lavoro sporco” di controllo della macchina istituzionale, non amministrano perché quel lavoro è prevalentemente silenzioso e non rende in termini di consenso. Come si vede sono parecchi i meccanismi che ledono il funzionamento normale delle istituzioni.

Un corollario di questa situazione è L’abbandono del mandato
Cioè la pratica, comune a tutti i partiti (5 stelle compresi e praticamente ovunque in Europa) di interrompere il mandato avuto con un’elezione per candidarsi da un’altra parte. Questa pratica è sconcertante perché rende le istituzioni strumentali alla carriera politica (professionismo politico) e ne sancisce la disfunzionalità per nulla avvertita da cittadini indifferenti.
Esempi paradigmatici di abbandono del mandato:
a)
b)              Questa pratica è in atto da 70 anni quindi si possono trovare
c)              esempi contemporanei e più antichi
..)
n)

 

L’analisi delle forme

L’analisi delle forme fatta da cittadini non interessati alla carriera politica ci consente di individuare modelli sociali più evoluti per colmare il grave ritardo della politica che riguarda il mondo

Seconda parte: Il percorso storico

Questa seconda parte presenta maggiori difficoltà teoriche perché i punti descritti sono oggettivamente difficili da isolare storicamente e da individuare. Contiamo allora sulla partecipazione di tutti per scomporli e renderli più chiari.

1) I due processi moderni
La società moderna subisce una grande crescita demografica legata alla maggiore produzione di cibo (Mais, patata, nuove tecniche agricole ecc.) che si ottiene dopo la scoperta delle Americhe. Nello stesso tempo si realizzano i processi di secolarizzazione che portano alle prime costituzioni scritte che sanciscono e sviluppano due processi fondamentali della modernità

  1. La divisione dei poteri dello stato
  2. La legittimazione elettorale (come atto esterno alla dinamica istituzionale)

Questi due processi sono autentiche conquiste moderne che partono dalla secolarizzazione per arrivare alle forme politiche previste dalle odierne costituzioni scritte. Allora dove si annida la patologia che rende disfunzionali le nostre istituzioni? Come si è storicamente costituita?

Il percorso storico ci mostra situazioni che possono spiegare come si sono create queste anomalie. Tali situazioni sono tendenze moderne che si realizzano a cominciare dal rinascimento e sono per questo difficili da individuare. Ecco le più importanti:

  1. Non si abolisce la nozione arcaica e sacralizzante di “sovranità” ma la si colloca al livello del popolo definendola “popolare”
  2. Il popolo viene trattato come somma di individui dove è al singolo individuo che vengono conferiti i diritti. Questo processo di autentica crescita civile ignora però i Grumi sociali
    L’individuo infatti non è il solo attore sulla scena sociale, oltre a lui ci sono forze organizzate che chiamiamo “grumi” (Chiese, mafie, multinazionali, gruppi finanziari ecc.)
  3. Il focus sull’individuo impedisce il riconoscimento delle forze sociali in campo e la loro influenza. Per questo motivo non vengono concepiti e teorizzati i partiti: tutte le costituzioni scritte illuministiche ignorano i Partiti stabilendo il rapporto individuo-stato come rapporto fondamentale
  4. L’attività politica si concentra esclusivamente sul livello degli stati mentre alla società civile è conferita una “politicità” che si riferisce esclusivamente al voto e non può essere efficace e concreta.

 


2) La storia italiana dopo il 1945: verifica empirica dei concetti formulati

La costituzione italiana è stata fatta da intellettuali che non erano professionisti della politica, che non vivevano di politica (come succede oggi a circa 400 mila persone). Nei decenni successivi invece si formò un ceto di professionisti che cumulava i ruoli dei due livelli che abbiamo considerato: i capi dei partiti entravano nelle istituzioni dello stato mantenendo la carica partitica. Il fenomeno è attuale basti considerare i capi politici attuali ( Salvini Meloni Zingaretti ecc. Nemmeno questa differenza è sottolineata nei lavori teorici: in pratica non abbiamo sottolineato la differenza tra i padri della costituzione e i politici successivi.

A cosa ha portato il professionismo politico italiano?

La lettura corretta della storia italiana vede negli Anni Settanta un sistema dove esiste una forte cesura con la società civile. Fenomeno condiviso con gli altri paesi
Il ceto politico costituito da formazioni partitiche dove i politici di professione avevano molteplici ruoli e controllavano tutto, ha avuto bisogno di legittimarsi perché non era più seguito e apprezzato. Fu per questo che furono adottati provvedimenti di carattere finanziario hanno generato un debito pubblico a partire dagli Anni Settanta.

In particolare vanno ricordati tre provvedimenti tra altri centinaia:

  1. Il passaggio dal contributivo al retributivo nel calcolo delle pensioni 1969
  2. La legge delle baby pensioni del 1973
  3. Il finanziamento pubblico dei partiti del 1974

In particolare la legge sulle baby pensioni mostra chiaramente la distorsione dei provvedimenti il cui focus non è sull’interesse complessivo ma sul breve periodo e sui partiti dato che essa era palesemente insostenibile anche quando fu votata da tutto il parlamento. (Determinando la vittoria elettorale di chi l’aveva promossa: il democristiano Rumor)

Il ritardo della politica

Abbiamo già visto la disfunzione istituzionale che si ha quando non si distinguono, i due livelli del pluralismo partitico e del lavoro istituzionale.

Questo meccanismo portato avanti dai professionisti della politica, nel ventennio successivo ha portato alla crisi degli Anni Novanta quando tutti i partiti sono stati distrutti e si sono riformati sotto simboli diversi.
La lettura di tangentopoli come fallimento del professionismo politico è un fenomeno che arriva fino ad oggi: il ceto politico non riesce a risolvere i problemi ed è costretto a chiamare persone esterne al suo perimetro: Dini, Ciampi, Monti, Fornero, Conte, e adesso Draghi mostrano l’incapacità del professionismo politico a risolvere i problemi che esso stesso ha creato.


Le Riforme
Lasciamo aperto questo paragrafo in modo che possano essere individuate collegialmente

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