Se al posto del tremebondo don Abbondio ci fosse stata lei, la nostra Giorgia nazionale, avrebbe accontentato Renzo e Lucia, ma celebrando il matrimonio con una cerimonia
al minimo, in sordina, passo felpato, senza dare nell’occhio, insomma giostrando in modo che i bravi e il loro prepotente padrone non ne avessero pronta e piena contezza. L’astuzia, come si dice, è femmina. Come sarebbe andata a finire lo sapremo alle elezioni europee del giugno 2024. Calma, mi spiego. Come un giubilante commentatore mette in evidenza, la Meloni è cambiata : “se la Meloni di ieri all’opposizione vedesse la Meloni di governo di oggi avrebbe buone ragioni per chiedere urgentemente le sue dimissioni”, il Foglio, 17 luglio 2023. E credo abbia ragione.
Dall’opposizione criticava aspramente : EU, ora è culo e camicia con la signora Ursula von der Leyen; Stati Uniti d’America, ora è pappa e ciccia con il signor Biden; Ucraina, ora è lingua in bocca con il signor Zelensky; Francia, ora è mano nella mano e piedino sotto il tavolo con il signor Macron; NATO, ora è pignata e cucchiara con il signor Stoltenberg. Non le piaceva la globalizzazione, ora sgambetta tra meridiani e paralleli. Era furente per gli immigrati clandestini e non ne sono arrivati mai tanti quanti nei pochi mesi che è al governo etc. etc.
E i suoi elettori? Qualcuno suona l’allarme : elettori occhiuti e permalosi, lo zoccolo duro come lo chiamano, potrebbero finire in gola a un alleato, il quale pare abbia già le fauci aperte. Insomma, pare proprio che ci sia una divergenza tra il prima e il dopo le elezioni, una frattura tra il sentire degli elettori -strumentalizzato per arraffare voti? - e l’azione di governo. La realtà impone scelte a volte ineludibili e, di qui, il dilemma. Per avere il consenso di quei cittadini ci si è sintonizzati sulle loro idee, forse senza condividerle, e per curare gli interessi della nazione si abbandonano loro e le loro idee. Muovendosi sorniona come una gatta, il nostro Presidente confida nella loro distrazione, con l’aiuto del caldo, delle vacanze, dei programmi sonnolenti delle TV, dei giornali acquiescenti, della cronaca rosa e nera. Ma prima o poi don Rodrigo capisce, reagisce e dissente. Certo, potrebbe rimpiazzare il consenso perduto con voti nuovi che mai sono stati suoi. Ma rimane in bocca l’amaro d’aver infranto un patto di fedeltà, anche se addolcito dalla soddisfazione d’aver fatto ciò che si è ritenuto giusto e opportuno nell’interesse del Paese.
Come se ne esce? Non se ne esce. Il dirigente di partito con cariche o incarichi di governo è in uno stato di conflitto d’interessi. Cura gl’interessi del suo partito o quelli della nazione, che non è detto coincidano? Il caso Meloni, sommariamente sopra descritto, mostra che gli interessi possono essere divergenti, a prescindere dalla misura. La modesta proposta dei forma-riformisti è come l’uovo di Colombo. In una democrazia ben ordinata i dirigenti di partiti non devono esercitare ruoli nella politicità istituzionale e il discorso vale anche per gli ex-dirigenti , i parlamentari ed ex-parlamentari. Il Parlamento è anche un organo di controllo sull’esecutivo e controllare sé stessi è un’aberrazione. I governanti vengono scelti dalla società civile, nel suo ruolo di politicità sociale, al di fuori di quegli ambiti, con mandati sufficientemente delineati e per un tempo limitato.
Codesti sono concetti da approfondire e sviluppare con ampie e serene discussioni, affinché la nostra democrazia subisca un salutare salto di qualità, perché, come registrano tutti gli indicatori, essa non gode di buona salute e, pertanto, è esposta a pericolose insidie. Ma non si creda che il miglioramento possa arrivare dall’alto, dalle istituzioni, che già arrancano per non peggiorare. L’impulso al salto di qualità non può che venire dal basso, dalla società civile, come già scrisse un secolo fa Piero Gobetti (1901-1926) nella sua rivista, La rivoluzione liberale : «Nessun cambiamento può avvenire se non parte dal basso, mai concesso ed elargito, se non nasce nelle coscienze come autonoma e creatrice volontà di rinnovarsi e rinnovare». Parlò ai sordi, e venne la dittatura, e la sua tragica morte, lui così giovane, che ancora ci commuove.
Michele Rinaldi