Si avvicinano le elezioni e come di consueto vogliamo fornire qualche analisi dei comportamenti dei partiti che per noi di Forme&Riforme costituiscono una vera patologia del sistema politico italiano.
Iniziamo con le Multicandidature.
Come noto, la legge elettorale vigente (c.d. Rosatellum, dal nome per primo firmatario della proposta di legge, Rosato), dà la possibilità ai candidati di presentarsi contemporaneamente in più Collegi elettorali. Più precisamente, si può essere candidati in massimo 1 Collegio Uninominale e fino a 5 Collegi plurinominali. Quindi si possono raggiungere fino a 6 presenze per l'elezione alla Camera o per l'elezione al Senato.
Unico vincolo: non si può essere candidati contemporaneamente per la Camera e per il Senato.
I dati e le tabelle che seguono sono il risultato delle nostre analisi svolte sulle liste dei candidati, messa a disposizione dal Ministero degli Interni (a questo indirizzo).
Candidati che compaiono per 6 volte nei collegi di Camera e Senato:
Ecco invece i candidati che compaiono 5 volte, col loro partito di appartenenza, suddivisi per Camera e Senato:
Seguono decine e decine di candidati che sono presenti in 4 collegi, in tre, oppure in due. Sono veramente troppi per elencarli tutti, ma queste sono le tabelle riassuntive con i partiti di appartenenza.
Con quattro candidature:
Con tre candidature:
Ed ecco quelli con due candidature:
Come si vede, non si salva nessuno, chi più e chi meno.
Ma se per alcuni partiti, quelli più sparuti e verosimilmente con qualche difficoltà a trovare delle persone disponibili, la presentazione dei candidati in più di un seggio è spiegabile, per altri è veramente incomprensibile.
E' il caso, tra gli altri, del Movimento 5 Stelle, che nella precedente tornata elettorale era rimasto indenne da questo malaugurato comportamento. Ci sono ben 80 candidati alla Camera e 37 al Senato che compaiono 2 volte (tipicamente in un seggio uninominale e in uno plurinominale). Francamente non si capisce perchè si siano proposte liste fatte in questo modo, dando per scontato che i candidati disponibili certamente non mancavano.
Infine, un quadro riassuntivo della situazione, limitandoci alle 6 fino alle 3 candidature, alla Camera ed al Senato:
Qualcuno si chiederà, ovviamente, quale sia in fondo il problema delle "multicandidature".
E' molto semplice: un candidato, presente in 6 collegi diversi (uno uninominale e cinque plurinominali) potrebbe risultare vincente, e quindi eletto, in più di uno di questi collegi. Supponiamo risulti eletto in tre collegi. Naturalmente, dovrà scegliere un unico collegio in cui venir proclamato eletto, mentre negli altri due lascerà il posto al secondo arrivato. Quindi, con la sua scelta, costui potrà influenzare l'esito del voto, facendo proclamare uno o l'altro dei secondi arrivati, semplicemente scegliendo uno o l'altro dei collegi in cui è risultato vincente. Quindi gli eletti non dipendono più soltanto dalla volontà degli elettori, ma anche dalla scelta di chi sta davanti. E questo potrebbe anche essere ritenuto incostituzionale, secondo l'articolo 48 della nostra Costituzione (voto libero, segreto e uguale).
In secondo luogo, non si capisce perchè la maggioranza dei candidati presenti in più di un collegio sono donne: 9 su 15 per quelli presenti 6 volte, 26 su 40 per quelli da 5 ripetizioni, 33 su 45 per le 4 candidature. Se una candidata risultasse, ad esempio, vincente in tutti e 6 i collegi in cui è presente, verrà eletta solo in uno di essi, mentre negli altri, come abbiamo visto, subentrerà il secondo, che sarà necessariamente un uomo (per la regola stabilita dalla legge elettorale per la parità di genere). Quindi, a fronte di una donna eletta in un collegio, passerà un uomo negli altri cinque, con un evidente sbilanciamento della regola delle quote di genere.
La conclusione: la possibilità di candidarsi in più di un collegio crea delle perturbazioni nell'esito del voto ed è quindi opportuno che una buona legge elettorale non le permetta. E' questo uno degli obiettivi che il nostro Centro Studi sta perseguendo.